mercoledì 15 febbraio 2012

In Italia si muore. Di superficialità.



In Italia si muore. E’ triste dirlo. Ma le cose stanno cosi. Si muore per la pioggia, si muore in crociera, si muore per il freddo, si muore sotto i palazzi.  Lo scorso anno sono state ventotto le vittime delle alluvioni. Trentadue i morti del naufragio della Costa Concordia. Sessanta circa quelli causati dal freddo glaciale di questi giorni. Cinque le donne vittime del crollo della palazzina di Barletta.



Non sono di quelli che pretendono che quando arrivano eventi eccezionali e inusuali, come quelli meteorologici che si sono verificati negli ultimi mesi, non si debba soffrire nessun disagio. La natura ha i suoi ritmi e le sue leggi. E   va rispettata. Detto questo non è neanche normale, che ci si arrenda alla prima neve: treni bloccati, città paralizzate, gente che muore. Più che nei restanti paesi europei, se si escludono la Polonia e l’Ucraina, dove il freddo è davvero siberiano e l’economia arretrata, in teoria, rispetto a quella che era la settima potenza mondiale.  

Il problema è che questi eventi vanno a colpire un paese già in bilico: un sistema ferroviario datato, un organizzazione che stenta a funzionare già in tempi normali. Senza dimenticare quello che è successo a Roma, capitale d’Italia. Completamente paralizzata da trenta centimetri di neve, con lo show televisivo in negativo del sindaco Alemanno e gli autobus che hanno fatto ritorno nelle rimesse, appena ha iniziato a nevicare, “abbandonando” decine di persone per strada. Un emblema di un sistema paese traballante.



Il problema sta proprio lì: in condizioni di normalità le cose  dovrebbero funzionare regolarmente. In questo modo quando arrivano eventi eccezionali, le defaillance si vanno a verificare su un sistema che sa per lo meno reggere condizioni normali.

Se, invece, l’evento eccezionale, va a colpire un sistema che già presenta delle note criticità, arrivano i disastri: treni fermi nella neve per ore sui binari, strade bloccate, polemiche inutili, persone isolate. E soprattutto arrivano i morti. I più deboli, quelli che senza una casa muoiono per strada assiderati, ma anche l’autista del tir bloccato nella tormenta, l’automobilista che non è stato soccorso da nessuno. Una sessantina circa le vittime, comprese le tredici persone che sono morte d’infarto mentre spalavano la neve.


Per non parlare della pioggia. Si può morire per un alluvione? Può succedere, ma deve essere fatto di tutto per evitarlo. Ci sono eventi eccezionali, vedi lo tsunami, contro i quali anche un paese ben organizzato come il Giappone si è dovuto inginocchiare, pagando un prezzo altissimo in termini di vite umane e quant’altro. Però li, eccezion fatta per la centrale nucleare di Fukushima, hanno fatto di tutto per contenere i danni del terremoto. E infatti le vittime dei crolli, per una scossa di intensità altissima, si contano sulle dita di una mano. Hanno fatto prevenzione. Quello che dovrebbero fare in Italia. Evitando di costruire in luoghi pericolosi. O in modi pericolosi. Rispettando i tempi e i luoghi della natura. Mettendo la difesa della vita umana, prima del profitto ad ogni costo ed in ogni modo. Allertando i cittadini in tempo e modo debiti quando stanno arrivando eventi eccezionali. 








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