lunedì 22 aprile 2013

Bersani, Leader Mancato


Innanzitutto partiamo dal suo curriculum: Laurea in Filosofia, Presidente della Regione Emilia Romagna, Ministro dell’Industria del Governo Prodi, Ministro dei Trasporti nel Governo D’Alema, Deputato dal 2001, Parlamentare europeo nel 2004, Ministro dello Sviluppo Economico dal 2006.


Generalmente riconosciuto come una persona onesta e da molti ricordato positivamente per le cosiddette “lenzuolate” durante l’ultimo Governo Prodi, liberalizzazioni che ebbero una ricaduta positiva anche sulla vita dei cittadini, come l’abolizione dei costi di ricarica telefonica tramite bancomat, l’abolizione delle spese di chiusura conto bancario, l’abolizione delle penali per la rinegoziazione dei mutui, niente ricorso al notaio per estinguere l'ipoteca, la possibilità di usufruire della classe di merito di un familiare per l’assicurazione dell’auto. Insomma. Da un certo punto di vista poteva essere ben visto anche dagli indignati dell’ultima ora, quelli che lamentano la lontananza della politica dalla vita degli italiani.

Ma tant’è. Lo spettacolo andato in onda è di tutt’altra fattura. In questi mesi Bersani è apparso impacciato, imballato. Incapace di dettare una propria linea. Pronto sempre a rincorrere le istanze degli avversari e dei cittadini. A rintuzzare gli attacchi e a prendere le distanze con quel suo linguaggio colorito: “Noi non ci stiamo” – “Sia ben chiaro” – “Allora non ci siamo capiti”. – “Non stiamo mica qui a pettinare le bambole”. “Meglio che sto zitto, non parlo per il bene del partito” – una delle ultime battute riferendosi ad una polemica con il sindaco di Firenze.

mercoledì 17 aprile 2013

Sette Mosse per lo Stallo


Da Alfano, passando per Monti. Per finire con Grillo. Tutti hanno contribuito a creare questa situazione di stallo politico, da cui ora bisogna uscire. 

Il primo errore è stato quello di Monti. Alle dichiarazioni di Angelino Alfano, che il 7 dicembre dichiarava conclusa l’esperienza del Governo Monti. Ha fatto seguire il giorno dopo le immediate dimissioni. Troppo veloci.

Secondo errore: le primarie del Pd. Scelta sacrosanta in teoria, perché dava ai suoi elettori la possibilità di scegliere i propri candidati. Scelta negata dal Porcellum. Ma i tempi erano troppo stretti e in questo caso il Partito ha dovuto superarsi per fare le votazioni il 30 Dicembre. Il giorno prima Capodanno. Il risultato è che da li in poi il Pd ed il suo leader Bersani si sono “imballati”. Incapace di parlare agli italiani per quasi due mesi e attrarre voti, ha perso tutto il vantaggio che gli era arrivato dalle primarie di Ottobre, quelle per il candidato premier.  (Sondaggi 4 dicembre Pd al 36%, elezioni febbraio 25,4%)

Terzo errore: Monti. Di nuovo lui, anche se la colpa peggiore per me ricade sui suoi consiglieri. Invece di concentrarsi sul programma, si è perso nelle lotte interne contro Vendola e il Pd. Forse convinti di avere la vittoria in tasca i tre protagonisti, si sono impegnati nella presunta spartizione del potere all’interno di quella che avrebbe potuto essere la futura coalizione di Governo. Ridurre la sinistra, per avere più spazio e potere al centro. Ma prima si dovevano vincere le elezioni. Un piccolo particolare che qualcuno si è dimenticato.