giovedì 14 marzo 2013

Il Papa è una Rock Star?


Che c’era qualcosa di malato in Italia lo avevo già capito ai tempi dei funerali di Papa Wojtyla. Quando vedevo i fedeli polacchi che pregavano e piangevano contriti e afflitti e quelli italiani che, indifferenti, continuavano a scattare foto come fossero ad un concerto di Madonna.

Ieri la situazione era in parte diversa: si trattava di un’elezione e non di un funerale e quindi la gioia da parte dei fedeli-tifosi è più che normale. Ma quando sono partiti gli applausi e i cori da Stadio “Papa Francesco, Papa Francesco”, ho rivissuto quella stessa sensazione. 

Non di assistere a un evento di valenza spirituale, ma a qualcosa di più simile al sistema dello Star-System. Il Papa che si affaccia alla finestra, come il cantante che sale sul palco. Con migliaia di persone pronte ad acclamarlo, con grida, cori e centinaia di flash pronti a scattare. 

Per fortuna ci ha pensato lui, il nuovo Pontefice, a riportare la Piazza a un momento più consono alla spiritualità, invitando tutti a pregare. Un “Padre Nostro”, che per un momento ha rimesso le cose nel loro ordine.


Tutto succede cosi in fretta che non sembra esserci il tempo di metabolizzare, di partecipare veramente al dolore o alla gioia. Si va, si applaude, si grida, eppoi si torna a casa, che c’è la vorticosa routine che ci aspetta e, per diamine, mica ho il tempo per addolorarmi davvero ad un funerale, io!

La sensazione, è che l’importante sia partecipare. Esserci. Qualunque sia l’evento, ci si approccia con la stessa modalità: un concerto, una messa, un funerale, l’elezione di un Papa. Per carità, meglio che starsene in casa. Eppure, manca qualcosa. L’anima? La compassione? 

Meno “Grande Fratello” e più spiritualità. E' questo che ci vuole. Il mondo secolarizzato e spersonalizzato ha bisogno di ritrovare i suoi tempi, la sua anima e la sua individualità.  E spero che davvero la religione, in questo caso il cattolicesimo, contribuisca a ridare un senso alle cose. A far pensare, riflettere, meditare. A non trasformare i momenti di spiritualità, in momenti di “consumo” dell’evento. Essere e non avere. Come diceva Erich Fromm. Almeno quando si prega. 



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