Non si tratta di prevedere i terremoti, come molti giornali,
studiosi, anche internazionali hanno affermato. Si tratta di non rassicurare inutilmente le
persone, quando esiste un pericolo reale, mettendo a repentaglio la loro vita.
In
Abruzzo le scosse di terremoto c’erano da mesi. Più di duecento, con cadenza
praticamente quotidiana. L’allarme tra la popolazione era forte e quando il 29
marzo 2009 la terrà tremò per l’ennesima volta, con un' intensità del 4°, la
popolazione scese nuovamente nelle strade. A confermare le loro paure arrivò l'allarme del ricercatore Giampaolo Giuliani, che prevedeva l’arrivo di una
forte e imminente scossa tra Sulmona e l’Aquila.
In
questo clima si inserisce la riunione della Commissione Grandi Rischi del 1 aprile. Convocata non per valutare i reali rischi, ma con altre e diverse finalità. “Vengono
i luminari – disse il capo della Protezione Civile Guido Bertolaso, in un’intercettazione
telefonica – è più un’operazione mediatica. Loro diranno: è una situazione
normale.. non ci sarà mai la scossa, quella che fa male”.
Tant’è.
L’operazione mediatica, dopo la riunione della Commissione, è partita. Giornali, telegiornali, personaggi pubblici di spicco. “Tale il vespaio – scriveva il Corsera il 1
aprile 2009 - da costringere ieri la commissione Grandi Rischi della Protezione
civile a riunirsi in fretta e furia «per rassicurare la popolazione che non c’è
alcun pericolo in corso», che «la situazione è monitorata ora per ora» e che
«non è possibile prevedere in alcun modo il verificarsi di un sisma». Con un
diavolo per capello, il capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso, si è
scagliato contro «quegli imbecilli che si divertono a diffondere notizie
false», chiedendo una punizione esemplare”. E cosi il ricercatore Giuliani venne denunciato per procurato allarme,
con la popolazione che veniva rassicurata dal tam tam mediatico, ben incline in
quel momento storico a dare ragione al potere istituito.
“Sono stati i parenti di queste 29 vittime a
denunciare la Commissione, a costituirsi parte civile e a raccontare in
tribunale come l’esito della Riunione avesse convinto i loro cari che un
rischio terremoto non fosse affatto imminente. Le vittime si sentirono
rassicurate soprattutto dalla comunicazione che di quel summit avvenne attraverso
le tv e i giornali locali” – scrive Repubblica
del 23 ottobre 2012
Ma
la cosa più grave avvenne la notte del 6 aprile. Ci fu una prima scossa del 4°
alle 22.49, una seconda meno intensa a 0.40. La gente si riversò nelle strade, come il normale istinto di
sopravvivenza, la tradizione e la prudenza indicano. Ma, secondo alcune testimonianze,
ci fu parte del personale della Protezione Civile che invitò la popolazione a tornare
nelle case. E in quelle case 309 persone morirono. Di chi fu la responsabilità
di quel invito, di quel "tornate nelle case, che non c’è nessun pericolo",
quando lo stesso istinto umano di sopravvivenza indicava il contrario?
"La settimana tra il 30 marzo e il 5 aprile –
diceva la presidente della Provincia dell'Aquila, Stefania Pezzopane nei giorni
successivi alla scossa - è stata fatale per il nostro territorio. Lanciavamo
continui appelli, la gente fuggiva in strada per paura delle scosse. Ci era stato detto che la nostra era una
psicosi, che avremmo dovuto avere un
atteggiamento diverso, di serenità. Invece..". E prosegue:
"Possibile che le due scosse avvenute la notte del 5 aprile, poche ore
prima della tragedia, non abbiamo fatto suonare un benché minimo campanello
d'allarme? Molti di quelli che si sono salvati, quella notte hanno dormito in
macchina". E
lo stesso sindaco della città aveva chiesto proprio dopo la riunione della
Commissione Grandi Rischi di decretare lo stato di emergenza, senza ottenere
risposta.
I segnali di quello che poteva succedere c’erano tutti, ma qualcuno,
dall’alto, continuava ad andare nella direzione opposta, cercando di
rassicurare le persone, quasi come fossero degli stupidi in preda a dei timori
insensati. Cercando di smentire e sopraffare, con ogni mezzo, convocando addirittura una Commissione apposita, denunciando, chi affermava il contrario. Senza valutare seriamente la presenza o meno di rischi per la popolazione. E la storia ci insegna, a caro prezzo, che avevano ragione loro.
Se
è vero, come dicono, che i terremoti non si possono prevedere, è altrettanto
vero che non si possono neanche escludere in determinati territori e
condizioni. Se qualcuno di questi emeriti studiosi, ha rinunciato al proprio
ruolo di esperto per compiacere
qualcuno, per non avere problemi con il
potere, se ne assuma la responsabilità e lo dica. Stessa cosa se quello che hanno detto è stato travisato.
In fondo bastava dare ascolto agli allarmi delle persone, dei sindaci
e dei rappresentanti locali, per mettere in salvo qualche persona in più.
Prevenire, istruire e non limitarsi a rassicurare. Quando il pericolo è reale e di mezzo c’è
la vita delle persone.
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